Dallo sport all’Islam, passando per Obama e Trump: sul palco dell’Oscar Pomilio Blumm Forum, Kareem Abdul-Jabbar si è raccontato indossando i panni dello storico campione di basket, ma anche quelli del critico culturale, interprete attento del nostro tempo.
E proprio di tempo, o meglio di “frattempo come campo di progettualità” (tema focale del Forum), Jabbar ha parlato a lungo, svelando i passaggi salienti della sua carriera: «Il mio gancio-cielo? Il punto d’arrivo di un processo di crescita e studio». E se il leggendario tiro di Jabbar ha rivoluzionato il basket in 3 secondi (quelli che hanno separato il pensiero dall’azione), la sua carriera di critico e scrittore ha preso vita nel tempo tra scuola e campo da gioco: «Da ragazzo, mi sono avvicinato al giornalismo e, ultimata la carriera da cestista, ho fatto dei corsi di scrittura, scoprendo un nuovo talento. Anche voi, abbiate coraggio e fiducia: valorizzate il vostro talento».
Di grande ispirazione anche le parole di Jabbar sulla sua fede islamica: «Tutte le religioni vogliono che si viva in armonia e ci si rispetti a vicenda. Bisogna capire cos'è il bene e cos'è il male. Senza comunicazione non c'è pace». E sulla politica USA ha aggiunto: «Credo che bianchi e neri debbano unirsi per fortificare il nostro paese. Nell’ultima campagna elettorale è stato distillato terrore: la paura non cura nulla. In America ci vorrebbero pari opportunità nei diritti. Io continuo a guardare avanti perché voglio che l’America sia grande, e non ha mai cessato di esserlo».
Ad animare l’evento, moderato da Luca Sofri, anche Pietro Montani, docente di Estetica alla Sapienza di Roma, e Delio Jasse, finalista del docu-reality trasmesso da Sky Arte Pomilio Blumm Prize. I loro contributi hanno focalizzato le relazioni tra tempo, nuove tecnologie, arte e memoria.
Al termine del Forum, come ogni anno, si è tenuta la premiazione dei vincitori del Blumm Prize Next Artists, premio d'arte per giovani talenti internazionali promosso da Pomilio Blumm.